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Storia

Luoghi della produzione ad Ascoli (1808-1940) - L'antefatto della fabbrica Carbon

Tratto da un intervento di Maria Luisa Neri, Docente di Storia dell'Architettura presso la Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno - Università degli Studi di Camerino (elaborato sulla base della tesi di laurea di Roberto Di Girolami).
 
Nella realtà economico-produttiva ascolana la grande fabbrica è stata sempre assente, fatto salvo lo stabilimento industriale medio-piccolo per la fabbricazione del carburo di calcio, che si amplierà in più fasi con l'attivazione di nuovi settori produttivi, fino alla sua parziale dismissione. Gli antefatti di questo insediamento risalgono all'inchiesta promossa dai francesi nel 1808 per il censimento delle industrie manifatturiere nel distretto e terminano nel 1940, quando la strategia di sviluppo della Cassa del Mezzogiorno vede Ascoli come punta settentrionale del territorio da essa favorito.
Le sette attività produttive censite nel 1808 raggiungeranno le dodici prima del 1824. Nel successivo trentennio s'impianteranno sei filande - che si sviluppano sul modello tipologico della casa-fabbrica, ancora oggi diffuso nelle Marche - e poi diverse fabbriche e officine. Alla metà dell'Ottocento già esistevano tre opifici lungo il Castellano: il Mulino "di sopra" risalente al XII secolo, il Mulino "di sotto" costruito nel 1618 e l'opificio della concia dei pellami, del 1847, trasformato prima in vetreria e poi oggetto di numerose variazioni nella destinazione d'uso. Alla stessa data due rilevanti siti della città, la testata est del ponte Maggiore e l'area di San Pietro in Castello, sono interessati dalla costruzione di due fabbriche di gesso e un'officina del gas. Quest'ultima, che nelle iniziali intenzioni doveva occupare anche l'interno della chiesa romanica, è poi insediata in piccoli capannoni dietro l'abside, ma i camini della sala forni e la struttura metallica reticolare dei due gasometri tradivano, inequivocabilmente, l'attività del complesso.
Due importanti opifici si segnalano nel settore della distillazione e fabbricazione di liquori e vini, dove emerge il tema della casa-fabbrica. Nel 1887 la prima distilleria della ditta Meletti è al piano terra di un'elegante casa con portico, mentre al piano superiore è la residenza del proprietario; anche il nuovo stabilimento, accanto alla stazione ferroviaria, seguirà uno schema simile. L'attenzione all'inserimento dell'industria nel paesaggio e alla rappresentatività dell'opificio sono temi evidenti nella ancora attiva fabbrica di spiriti Tranquilli; è edificata in forme neomedievali nel 1908 ai piedi del colle San Marco, su disegno di Capponi, secondo la tipologia del palazzo-castello fortificato, con torri angolari e facciate caratterizzate da aperture ogivali, bifore e merlature alla ghibellina.
Tra le tipologie edilizie che, dalla fine Ottocento iniziano a essere codificate in manuali e trattati d'ingegneria, vi sono quelle di mattatoi, fornaci e capannoni industriali. A queste e ai principali esempi italiani ed esteri si rifanno alcuni spazi per il lavoro che compaiono a cavallo del secolo: il mattatoio pubblico di Campo Parignano, le fornaci di laterizi come quella Di Re a Mozzano e lo stabilimento industriale per la fabbricazione del carburo di calcio in località Pennile di Sotto, il più grande e moderno stabilimento industriale cittadino, che risponde a principi meramente utilitaristici e che nel tempo si amplierà nella Sgl-Carbon. La cura dell'aspetto estetico, tuttavia, avrà più rilevanza nel Novecento con lo stabilimento di maioliche Matricardi (1920), dove la connotazione formale è affidata ai prodotti dell'azienda, che pubblicizza se stessa con dettagli riecheggianti la Secessione Viennese. Appartenente al medesimo settore produttivo è la fabbrica delle Maioliche Artistiche Ascolane, costruita negli anni trenta nel quartiere San Giacomo: è un semplice capannone industriale all'interno del fitto reticolo di rue nella città storica.
Tra la fine del XIX e gli anni trenta del XX secolo, sulle altre attività prende il sopravvento il settore produttivo della bachicoltura, legato a quello delle filande. In questo settore Ascoli è all'avanguardia, con contributi originali e innovative invenzioni tecnologiche. Intrecciandosi con l'edilizia residenziale, quest'attività si diffonderà capillarmente nel tessuto urbano: nel 1892, dei 39 stabilimenti presenti nella provincia, 30 sono nel comune. Ancora nel 1927 la città ne esporta i prodotti - il seme bachi - in Giappone, India, Cina, Turchia, Ungheria, Spagna e altri paesi; ed è in Ascoli che ha sede la Regia Stazione che vigila su 108 stabilimenti italiani sui 170 totali, di cui i 50 più importanti hanno sede proprio nella città, con l'impiego dai 1.000 ai 5.000 tra operai e operaie.
Il carattere architettonico tipico degli edifici rurali distingue gli spazi per il lavoro posti fuori città, come le sei bigattiere della ditta Tranquilli-Silvestri, realizzate dagli anni settanta dell'Ottocento a nord di Ascoli. Anche qui le necessità funzionali legate ai modi della produzione, nel caso specifico l'allevamento dei bachi da seta, determinano la forma dei fabbricati: è lo stesso committente, il bacologo Giovanni Tranquilli, a concepirla e illustrarla mediante modelli lignei, di riferimento per chi si appresti a eseguire costruzioni analoghe. Le bigattiere sono di due tipi: a quattro piani con pianta all'incirca quadrata e a due piani con pianta rettangolare (i cosiddetti "trabacconi"). Bigattiere e stabilimenti bacologici si sviluppano anche in città, ai piani alti di palazzi già esistenti, o di nuova costruzione; essi dovranno però rispondere a esigenze di rappresentatività e adeguatezza all'ambiente urbano, conformandosi al regolamento di pubblico ornato. Nel 1904 e nel 1912 se ne realizzano due, in pieno centro antico, quello della ditta Tranquilli in piazza Montanara (poi Roma), oggi trasformato in libreria, e quello della ditta Tarlazzi nella nuova via Trieste, per i quali i committenti si rivolgono a professionisti di fama, come Vincenzo Pilotti che connota formalmente l'edificio come un palazzo di civile abitazione.
Parallelamente all'industria bacologica si potenziano i tre opifici lungo il Castellano, ma poi le attività produttive tendono a localizzarsi oltre le mura e i fiumi: nella zona di Campo Parignano, nei pressi della stazione ferroviaria e in contrada Pennile. Nella prima sono costruiti il nuovo mattatoio e tre stabilimenti, uno per la produzione di maioliche artistiche, uno per la lavorazione del travertino e uno bacologico, il più grande d'Europa per estensione e numero di lavoranti. Nei pressi della stazione si localizza lo stabilimento per la produzione dell'anisetta Meletti, promossa in ambito nazionale e internazionale dai suoi proprietari e il cui emblema sarà il Caffè artistico di piazza del Popolo. In contrada Pennile è impiantata una fabbrica di spiriti.
Nel quadro economico produttivo dell'Italia tra Otto e Novecento, Ascoli è un caso forse di minor interesse, ma non certamente anomalo. La conoscenza storica della sua struttura produttiva ha rilevato il carattere innovativo delle produzioni e dei processi lavorativi, della specializzazione tecnologica, dei brevetti utilizzati e delle relazioni con il mercato internazionale. Ha messo in luce anche una realtà fisica particolare, simile a quella della capitale, per la presenza di una rete di unità produttive diffuse nel tessuto urbano e con un alto grado d'integrazione con la città, contribuendo a disegnarne la storia e la forma stessa. Aspetti urbanistici e architettonici sono strettamente connessi con lo sviluppo della produzione industriale ascolana.
Alla fine del primo conflitto bellico, proiettata al futuro per capacità produttiva, Ascoli è considerata una "piccola Terni", immagine che resterà fino agli anni quaranta, quando agli insediamenti produttivi saranno riservate aree nel territorio comunale distanti dal centro cittadino.
Dopo il secondo conflitto mondiale, agli insediamenti produttivi saranno riservate aree distanti dal centro cittadino, con la netta separazione tra i contenitori dell'attività industriale e la scena urbana. Ad Ascoli, tuttavia, storia della città, storia dei luoghi della produzione e storia dell'industria s'intrecciano senza soluzione di continuità; le loro tracce, più o meno evidenti, non sono cancellate dalla memoria, tanto da essere considerate - fuori dagli equivoci creati fra problemi di archeologia industriale e questioni di recupero delle aree dimesse - un «patrimonio vivente da collettivizzare». In tal senso, gli studi approntati dovrebbero entrare in sinergia, così come altri aspetti del territorio, con la pianificazione urbanistica e con il restauro, per rendere più fruibile alla collettività tale patrimonio.


LA SGL CARBON E LE SUE TRASFORMAZIONI
Tratta dallo "Studio di fattibilità per la realizzazione del Polo scientifico e tecnologico avanzato all'interno dell'area Ex SGl Carbon" elaborato da TecnoMarche s.c.a.r.l. nell'ambito dello studio più generale per la riconversione dell'area.

SGL Carbon Group è uno dei principali produttori mondiali di elettrodi e materiali in grafite speciale ed è presente in Europa e in America del Nord rispettivamente con 14 e 11 stabilimenti, per un totale di 30 unità nel mondo.
La storia dell'ultimo secolo della città di Ascoli Piceno ha subito una notevole influenza proprio per la presenza della SGL Carbon. Per la verità la denominazione di questa fabbrica è cambiata più volte: Sice, Elettrocarbonium ed infine SGL. Denominazioni ancora quasi tutte in uso tra i cittadini di Ascoli Piceno che se ne servono come se fossero sinonimi. Ma al di là dei nomi, che variano, c'è l'oggettiva constatazione che questa fabbrica ha rappresentato, nel bene e nel male, un elemento rilevante sia dal punto di vista economico sia da quello sociale. L'esistenza di questa fabbrica nella città di Ascoli Piceno ha significato progresso: potenziamento delle forniture di energia elettrica, gas di città (tra le prime in Italia), trasporto pubblico su rotaia, e poi occupazione, diritti sindacali, politiche sociali. Le dinamiche imprenditoriali che si sono riscontrate dalla nascita del sito produttivo sono sempre state qualificate da fattori fortemente innovativi e tecnologicamente spinti.
Di seguito si ricordano sinteticamente la genesi di questa realtà produttiva e gli sviluppi che essa ha determinato per il territorio e nel territorio. Tutto ciò attraverso più di 100 anni di storia, dal punto di vista economico, sociale, culturale.

1897 - Fu fondata a Roma, da 16 soci, la "Società italiana dei Forni Elettrici" avente come scopo l'esercizio commerciale ed industriale, in Italia e all'estero, delle privative industriali riguardanti i forni elettrici, l'elettrotecnica e la fabbricazione dei prodotti ottenuti con l'applicazione delle privative stesse.

1905 - La Società Industriale Italiana di Roma chiese la concessione di una derivazione d'acqua sul Tronto, nei pressi di Arquata, per la costruzione di una grande centrale idroelettrica in località Venamartello. Fra gli scopi di tale derivazione, vi era quello di fornire la forza motrice per l'attività di una fabbrica di Carburo di Calcio che sarà poi installata ad Ascoli Piceno nei pressi della stazione ferroviaria.

1917 - La Società Industriale Italiana acquista la Società Elettrica del Tronto dei fratelli Merli. Tale acquisto permise al gruppo dirigente della Società di ampliare la produzione al settore della fabbricazione degli elettrodi per i forni elettrici. Così, nel giugno 1917 fu decisa la costituzione della Società Italiana dei Carboni Elettrici (SICE), con sede a Roma e uno stabilimento, ancora da costruire, ad Ascoli Piceno.

1918 - Venne decisa la fusione delle due suddette società sotto la denominazione "Società Italiana dei Forni Elettrici e dell'Elettrocarbonium" avente come scopo la produzione di manufatti a base di carbone per l'applicazione elettrotecniche ed elettrochimiche e la fabbricazione di grafite artificiale e manufatti di grafite.

1920 - La "Società italiana dei Forni Elettrici" acquista nel 1920 lo stabilimento di Ascoli Piceno della SICE provvedendo al potenziamento e all'ammodernamento degli impianti.

1928 - Per sopraggiunte difficoltà di natura tecnico-economiche, si ha il primo ingresso i capitali stranieri nella fabbrica: la società Elettrocarbonium diventa una partecipata della ditta tedesca Siemens Plania-werk A.G. (oggi SIGRI Gmbh).

1936/37 - Sotto l'impulso della "Siemens-Plania", occorsero altri importanti investimenti molto indicativi per lo sviluppo e il potenziamento dello stabilimento. La produzione di materiale di carbone amorfo si aggirava in quel periodo sulle 5.000/8.000 t/anno. Durante la seconda guerra mondiale l'attività dello stabilimento continua, sia pure parzialmente.

1949 - La produzione annua è gradualmente aumentata dai livelli delle 5/8.000 t/anno sino alle 10/12.000 t/anno per toccare le 15.500 t record nel '63.

1969/76 - Lo stabilimento ha avuto un grande sviluppo con l'ampliamento e l'ammodernamento dei materiali di carbone amorfo e con l'installazione della sezione forni elettrici per la produzione di elettrodi di elettrografite.

1992 - L'Elettrocarbonium è inglobata nella SGL Carbon, che fa capo al gruppo Hoechst, colosso mondiale dell'industria chimica e farmaceutica. In quegli anni lo stabilimento di Ascoli Piceno fornisce il 40% della produzione mondiale di silicio metallico, oltre a produrre catodi, rivestimenti per altiforni e pasta elettrodica, per un totale complessivo di 51.450 tonnellate di prodotto l'anno.
Negli anni '70, in cui si registrò una notevole espansione urbana di Ascoli Piceno con un progressivo abbandono del centro storico, accelerato dal terremoto del 1972, verso i nuovi quartieri di espansione ad est e ovest della città, lo stabilimento venne a trovarsi in una zona fortemente urbanizzata.

1972/1973 la fabbrica iniziò la produzione di grafitati, che comportava un processo di distillazione del carbone con prodotti secondari altamente inquinanti, si rese necessaria la realizzazione dei primi elettrofiltri di depurazione dei fumi inquinanti per consentire l'uso di alcuni forni (in addizione ai filtri a manica ed agli idrofiltri già esistenti dagli anni '60).

anni '80 furono annessi allo stabilimento campi sportivi, una palestra polivalente, una sala attrezzata a teatro e un Centro di Medicina Sportiva.

1984 venne reso noto uno studio della USL 24 di Ascoli Piceno nel quale si affermava che la città era inquinata a causa delle emissioni derivanti dal processo di distillazione del carbone. Pertanto la USL ritenne indispensabile che il territorio fosse inserito tra le zone A o B della L. 615 sull'inquinamento industriale. Ma nello stesso anno venne rilasciata la concessione edilizia per l'ampliamento dei reparti produttivi dell'Elettrocarbonium, in base al parere del prof. Liberti, esperto del CNR, il quale contestava i dati contenuti nella relazione della USL e affermava che l'inquinamento dell'Elettrocarbonium era equivalente a quello di "... due o tre macchine".

1985 venne adottato un procedimento di impregnazione e distillazione a caldo (trattamento termico) per la cottura degli scarti bituminosi (pece). In ottobre il Sindaco di Ascoli Piceno inviò ai Presidenti della USL 24, del Comitato Tecnico della Sanità Regione Marche e del CRIAM (Comitato Regionale sull'Inquinamento Atmosferico Marche), una lettera avente per oggetto i dati ISTAT sulla mortalità per tumori nel capoluogo, aumentata in una misura 36 volte superiore all'aumento medio nazionale, e l'eventuale correlazione con il nuovo processo produttivo.

1990 venne emesso un Decreto del Ministero dell'Ambiente, di concerto con i Ministeri dell'Industria e della Sanità, che stabiliva le linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali e che, fissando i valori minimi di emissione, poneva improvvisamente fuorilegge lo stabilimento Elettrocarbonium. In quel periodo gli elevati livelli produttivi determinavano anche una rilevante produzione di materiale di scarto delle specifiche lavorazioni, essenzialmente IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), tra cui il benzene, il benzopirene, il fenantrene, l'antracene, il fluorene, il pirene.

Tra il maggio del 1991 e il dicembre del 1994, come detto, si susseguirono vicende giudiziarie legate a provvedimenti di sequestro di alcuni forni cui fecero seguito ricorsi e controricorsi che portarono nel luglio del 1994 all'emissione, da parte del Ministero della Sanità e quello dell'Ambiente, di un Decreto Interministeriale che concedeva una proroga per l'adeguamento delle emissioni fino al 30/05/1995 a tutti gli impianti industriali che emettevano IPA, consentendo di fatto alla SGL Carbon di riprendere la produzione.

Nel dicembre del '94 venne presentato pubblicamente il depuratore RE-THERM che, a fronte di un costo di £ 3,5 miliardi, avrebbe dovuto consentire di portare le emissioni inquinanti al di sotto dei valori contemplati dal DM del 12 luglio 1990. Nel gennaio '96 il depuratore RE-THERM venne inaugurato.
Nel Gennaio 2002 venne presentata ai Ministri dell'Ambiente, della Sanità e dell'Industria un'interrogazione parlamentare in cui si chiede che l'area SGL Carbon venga bonificata ed inserita tra le zone ad alto rischi di crisi ambientale.

Per quanto concerne la sfera dell'occupazione, in generale il trend è stato influenzato dall'andamento del settore siderurgico. Alla fine degli anni '60 l'occupazione si attestava su quasi 1.000 unità, a cui erano da aggiungere quanti lavorassero in imprese di servizi. Tale dato mostra la rilevanza del sito produttivo, ancor di più evidente se si considera l'afferenza ad un bacino con popolazione pari a circa 55.000 abitanti.

Nei primi anni '80, periodo della massima espansione della produzione, si contava un organico di circa 900 unità. Quando nel '92 subentra SGL Carbon il livello occupazionale si attestava sulle 600 unità. Con il manifestarsi di difficoltà crescenti del settore nonostante gli investimenti qualificanti dell'azienda, peraltro in un periodo in cui si ha la cessazione dei benefici derivanti dalla "Cassa per le opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale", una delle fasi più acute si è avuta a seguito del sequestro di alcuni forni da parte della magistratura avvenuto nel giugno 1994, fase in cui prende maggior forza la minaccia di chiusura dello stabilimento e l'azienda decide la messa in mobilità di circa 150 dipendenti.

Successivamente è un susseguirsi di ristrutturazioni aziendali, talvolta con misure di mobilità in accompagnamento alla pensione, fino a giungere all'accordo del dicembre 2007, in base al quale si procede alla definizione di un piano per il ricollocamento delle ultime 30 maestranze, congiuntamente ad altre prima impegnate nell'indotto dei servizi, nel Consorzio Sviluppo Futuro di Latina al fine del loro coinvolgimento nella prospettata attività di bonifica.

Sempre nel dicembre 2007 lo stabilimento SGL Carbon di Ascoli Piceno entra dunque nella fase conclusive della sua definitiva dismissione.

Ultima Modifica: 04 Novembre 2021

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